La tecnologia del calcestruzzo armato, dai suoi primi passi  fino ai giorni nostri, ha evidenziato numerose fragilità, provocate da progettazione e/o direzione lavori imprecisa o superficiale, da errori composizionali nel mix design, da uno scorretto confezionamento, da errori in fase di getto e messa in opera, della inesatta valutazione dei fenomeni corrosivi e ambientali, dall’assenza di una corretta manutenzione, mostrando in maniera sempre più evidente la propria debolezza nei confronti delle condizioni ambientali esterne. Per questo motivo il suo continuo e progressivo deteriorarsi obbliga in modo improrogabile a programmare interventi di riparazione e ripristino strutturale.

Prima di avanzare con le necessarie attività di recupero del calcestruzzo deteriorato, bisognerà necessariamente conoscere a fondo le cause che lo hanno portato nel tempo al degrado, mediante una scrupolosa indagine che non deve, però, limitarsi alla sola osservazione esteriore, ma deve analizzare approfonditamente le caratteristiche del conglomerato cementizio armato e le condizioni ambientali che possono aver pregiudicato la sua integrità. Provvedimenti di ripristino avventati o limitati solamente alla colmatura del materiale mancante, potrebbero addirittura contribuire a peggiorare la situazione, aumentando il danno.

L’attenta attività di analisi del degrado deve essere eseguita valutando molti parametri: profondità della carbonatazione, condizioni generali del copriferro, eventuali fessurazioni presenti (superficiali o profonde che siano), aggressioni chimico-fisiche subite dal manufatto nel tempo, ecc…

Portate a termine le operazioni di diagnostica e valutato correttamente il danno, si potrà procedere con l’intervento di risanamento e ripristino strutturale per restituire al manufatto il pregio estetico e funzionale originale, che dovrà prevedere sistemi di manutenzione, ripristino o rinforzo più o meno complessi in funzione dell’entità del degrado.  Trovate ampiamente descritta un’ampia serie di sistemi di ripristino e di rinforzo del calcestruzzo deteriorato nella sezione “TIPOLOGIA D’INTERVENTO”.

Cause principali del degrado del calcestruzzo armato

Sono dovute a vizi progettuali, alla qualità del calcestruzzo impiegato e alla sua posa in opera.

NON CONFORMITÀ PROGETTUALI

  • Errata prescrizione del calcestruzzo in funzione dell’ambiente d’esposizione
  • Inadeguato dimensionamento delle armature con stati tensionali indotti
  • Inadeguato controllo in opera dei parametri stabiliti in sede progettuale (inadempienze nei controlli a carico della Direzione Lavori)

QUALITÀ’ DEL CALCESTRUZZO IMPIEGATO

  • Errato rapporto acqua/cemento (a/c)
  • Dosaggio di cemento insufficiente
  • Distribuzione granulometrica non conforme
  • Aggregati scadenti, impuri o presenza di petrografie alcali-reattive
  • Errato dosaggio di additivi e/o aggiunte

CONFEZIONAMENTO, TRASPORTO E POSA IN OPERA DEL CALCESTRUZZO

  • Errori nel confezionamento in centrale di betonaggio
  • Incorrettezze durante il trasporto
  • Errori nella messa in opera (posizionamento delle armature, casseratura, diposizione dei distanziatori e dei presidi ermetici, ecc.)
  • Stagionatura umida inadeguata o mancata protezione dagli shock termici

Sono dovute principalmente a: escursioni termiche, cicli di gelo/disgelo, abrasione-erosione, sollecitazioni meccaniche erroneamente calcolate

ESCURSIONI TERMICHE

Il coefficiente di dilatazione termica del calcestruzzo è = 0,000012 (°C-1). Ciò significa che l’innalzamento di 1°C del calcestruzzo provoca una sua variazione lineare di 0,000012 mt/mt. Può sembrare un numero di scarso valore, ma quando calcolato sul delta delle oscillazioni termiche (fra i picchi della stagione estiva e quelli della stagione invernale), moltiplicato per la lunghezza della struttura, escono fuori valori di escursione lineare che, se non correttamente calcolati e neutralizzati da opportuni giunti di movimento, possono portare il calcestruzzo a lesionarsi in più punti. Ricordiamo anche sinteticamente il comportamento del calcestruzzo alle alte temperature, sia per alcune particolari condizioni d’esercizio (per esempio le strutture in ambiente siderurgico) sia nei casi di incendio: quando il calcestruzzo inizia a riscaldarsi, si ha una prima evaporazione dell’acqua libera contenuta nelle porosità del calcestruzzo che, se non trova sufficienti vie di fuga, può innescare sovrapressioni interne che possono disgregare la matrice. Successivamente, raggiunti i 350°C, si innesta una decomposizione dell’ossido di calcio presente nella matrice del calcestruzzo e, superati i 500°C, si ha una decomposizione della fase idrata dei silicati di calcio. Queste trasformazioni comportano un incremento della porosità del calcestruzzo e un conseguente abbattimento della resistenza meccanica del conglomerato cementizio.

CICLI DI GELO / DISGELO

L’espansione di volume dell’acqua nella trasformazione di fase (pari a circa +9,1%) sottopone il calcestruzzo a notevoli tensioni, causando anche la disgregazione. Come difendersi: uno dei mezzi possibili da adottare, oltre ovviamente al miglioramento della impermeabilità mediante l’additivazione di specifici additivi, è rappresentato dall’inclusione d’aria, sotto forma di bolle uniformemente diffuse (creano delle camere di espansione per l’acqua che ghiaccia).

SOLLECITAZIONI MECCANICHE

Sollecitazioni della struttura diverse da quelle previste da progetto. Ad esempio:

  • Carichi accidentali imprevisti.
  • Strutture non adeguate alla risposta sismica.

ABRASIONE, EROSIONE E CAVITAZIONE

Il termine abrasione definisce sia la sollecitazione che il degrado di una superficie sottoposta ad attrito. L’erosione può essere considerata una forma di abrasione di una superficie. Tipici fenomeni di erosione sono i danni provocati per contatto e sfregamento tra le superfici di una struttura in calcestruzzo e le particelle solide trasportate da un torrente in piena (ghiaie, ciottoli e sabbie). La cavitazione è un fenomeno che avviene nei fluidi con flussi non lineari e velocità superiori a 12 m/s, tipico di macchinari quali eliche, pompe, turbine; consiste nella formazione di bolle di vapore all’interno del fluido che poi implodono generando calore e onde d’urto. Il collasso delle bolle provoca onde e microgetti in pressione estremamente intensi tanto che,  se l’implosione avviene vicino ad una parete in calcestruzzo può causare danneggiamenti e cavità erosive

Sono dovute principalmente all’azione disgregante di sali e cloruri, alle aggressioni chimiche in senso generale, alla carbonatazione e al contato con acqua a bassa durezza, alle correnti vaganti.

SALI E CLORURI

Fenomeno presente specialmente in ambiente marino o per l’uso massiccio di sale disgelante su strade e autostrade nel periodo invernale.

I sali determinano la formazione di soluzioni concentrate di cloruro di sodio e di calcio e ioni cloruro. Questi attivano pesanti processi corrosivi nei confronti dell’acciaio d’armatura.

AGGRESSIONI CHIMICHE: PIOGGE ACIDE E ATTACCO SOLFATICO

Le piogge acide sono il risultato della ricaduta dall’atmosfera sul suolo di particelle acide derivate dalla combustione nei processi industriali e nella produzione di energia elettrica che sotto forma di fumo e smog sono salite in atmosfera. Hanno un pH inferiore alla neutralità: danneggiano il cemento armato sia neutralizzando l’idrossido di calcio, sia dissolvendo il carbonato di calcio.

Agenti chimici naturali e industriali di tipo acido, oppure olii, grassi e solfati, invece, possono portare alla formazione di fessure, a reazioni espansive con conseguente spalling, o in casi estremi persino alla disgregazione della matrice cementizia (in particolare lo ione solfato provoca la formazione di ettringite secondaria che causa rigonfiamento, tensioni localizzate e severo danneggiamento del calcestruzzo)

CARBONATAZIONE

Inizialmente nel calcestruzzo, a seguito dell’idratazione del cemento e dello sviluppo di calce di idrolisi Ca(OH) 2, si stabiliscono condizioni di forte basicità, particolarmente favorevoli alla buona conservazione delle armature metalliche. In questa situazione, detta di passivazione, sul ferro si forma una pellicola di ossido ferrico impermeabile e fortemente aderente all’acciaio, che impedisce all’ossigeno e all’umidità di arrivare a contatto con le barre d’armatura, impedendo la formazione di ruggine. L’anidride carbonica (CO2) presente nell’aria, penetrando nel calcestruzzo attraverso la sua porosità, diminuisce progressivamente la basicità del conglomerato, per effetto della trasformazione della calce di idrolisi Ca(OH) 2 in carbonato di calcio CaCO3. A pH minori di 11 il calcestruzzo, in termine tecnico, si depassiva, andando incontro alla corrosione e alla formazione di ruggine, in quanto il film di ossido diventa poroso e non è più in grado di bloccare l’accesso dell’ossigeno e dell’umidita verso il substrato metallico.  A seguito della trasformazione del ferro in ruggine, che è 6-7 volte più voluminosa del metallo, il copriferro viene prima fessurato e quindi espulso («spalling»).

ACQUE “DILAVANTI” A BASSA DUREZZA

Sono rappresentate da alcuni esempi di acque con contenuti salini estremamente ridotti:

  • Acque naturali di ghiacciai e nevai
  • Acque distillate e/o da recupero industriale

La loro “povertà” in sali comporta che queste acque scorrendo contro le pareti in calcestruzzo rappresentate da canali, condotte, ecc…, tendano ad acquisire sali dal calcestruzzo stesso, attraverso la dissoluzione dell’idrossido di calcio o calce libera (CaOH2).

CORRENTI VAGANTI

Frequente nelle aree urbane, soprattutto in presenza di linee ferroviarie, metropolitane e tranviarie, ecc… Sono correnti disperse da circuiti elettrici che entrano negli elementi metallici, incentivandone la corrosione.